“Che cazzo fate?”
Si baciarono in un prato. Erano usciti con una scusa, una di quelle legali.
A sedici anni hai voglia di un bacio, anche dopo, ma a sedici anni un bacio è tutto.
Il prato era verde come ogni prato, il sole giallo come ogni sole, solo lei non era come niente si fosse mai visto. Era bella e radiosa. Sì, lui l’amava davvero, chi dice che a sedici anni non si può amare, non ha mai amato.
Si videro da lontano, si videro da vicino, si abbracciarono in una speranza. Quando lui le carezzò la testa per chiederle “come stai?” un urlo rispose “Stronzi!”
Li avevano visti, tutti li avevano visti. Si affacciarono dai balconi, dalle finestre, dai tetti e fu un bombardamento di insulti.
“Che cazzo fate? Vi baciate?” “Se ci si può baciare, allora io mi metto a correre, infami!” e tanto altro.
Le loro mani si sfiorarono per salutarsi e lasciarsi.
Tornarono a casa, ognuno nella propria casa, e non si baciarono più, per giorni che mai parevano finire.
Quando tutto finì, in mezzo al prato verde, sotto il sole giallo, si ribaciarono.
Si ribaciarono per anni, migliaia di baci, ma ogni volta, gli parve di sentire quelle urla.
“Stronzi! Che cazzo fate? Vi baciate?”
E ogni volta un nuovo bacio fu una vittoria.
(Giovanni Lupi, 27 marzo 2020)