L’Ora-colato (ovvero l’Alzheimer è uno spietato nazista)
“Ma è lui?”, “Ma povero…”, “Tutto tranne quello vorrei.”
Il fruscio dei commenti avvolse il condominio di via Fezzan. Paolo era stato medico, giornalista, sindacalista e tanto altro, eppure era toccato anche a lui. Quella malattia il cui solo nome fa paura: Alzheimer. Sembra il nome di uno spietato generale nazista che non fa prigionieri. Infatti, anche l’Alzheimer non fa prigionieri, si peggiora di giorno in giorno, “sino a non ricordarsi come si beve o si mangia”, ricordò uno dei condomini il cui padre aveva vissuto la stessa esperienza. Alle parole “beve” e “mangia” il condomino sgranò gli occhi, a spaventare.
Insomma, tutti i condomini, rassegnati alla triste fine del signor Paolo, cominciarono a visitarlo in processione. Chi portandogli un ricordo, chi sollecitandolo a leggere o a cantare, chi, semplicemente, compatendolo con quella faccia contrita che ti verrebbe voglia di cecargli gli occhi.
“Non si capisce quello che dice”, “E’ la malattia”, “Tutto tranne quello vorrei.”
Il fruscio dei commenti era diventato una coltre nera che, peggio dello smog già notevole in zona, vestiva di tristezza il condominio di via Fezzan.
Poi un urlo, o così sembrò. Un secondo urlo, o così sembrò anch’esso. Non erano urla ma Annunciazioni: “Ci ha azzeccato! Vi dico che ci ha azzeccato!” Era la signora Carla del terzo piano, una delle più assidue frequentatrici della casa del signor Paolo dopo la scoperta della malattia. Prima di quel momento mai era andata a trovarlo, malvolentieri lo salutava per le scale, nelle assemblee condominiali lo minacciava di chissà quali azioni legali perché le tonnellate di libri presenti nel suo appartamento rischiavano di far crollare il palazzo. E ora, invece, era diventato un Santo, da accudire e, soprattutto, da compatire.
“Ma ha azzeccato cosa?” Gli chiese prima la vicina, poi la vicina della vicina e poi anche i vicini maschi e i figli dei vicini maschi e femmine, e abbaiarono i cani dei vicini, cantarono gli uccelletti nelle gabbie, i pesci negli acquari. Tutti chiedevano con insistenza, soprattutto i pesci, cosa avesse azzeccato il signor Paolo.
“Lo ascoltavo parlare, all’inizio senza farci caso, poi mi sono resa conto che quello che diceva aveva un senso. Un senso che rispondeva ai miei dubbi, che mi dava consigli. E ci azzeccava.”
Si radunò un capannello nel salotto del signor Paolo, dove era seduto nella sua poltrona. “Guarda, sembra sia su un trono.” “Sembra davvero un re.”
Il signor Paolo, indispettito, fece il segno, davvero regale, di fare silenzio. E silenzio si fece. E cominciò a parlare. Frasi di senso incompiuto, allitterazioni, accelerazioni e pause, parole inventate. Tutto questo all’apparenza, per chi non sapesse interpretare e cogliere, come la signora Carla, che scoppiò in pianto. “Quello! Quello era il motivo!” e si asciugò il viso umido di lacrime, andando via di corsa.
Tutti rimasero a guardare il signor Paolo, consapevoli di aver assistito ad un miracolo. Un malato di Alzheimer in fase avanzata non solo riusciva a farsi capire, ma, persino, esprimeva verità inequivocabili. Il signor Paolo disse qualcosa che venne interpretato come un “levatevi dai coglioni” e tutti se ne andarono sussurrando un ringraziamento.
La tristezza per la sorte del signor Paolo era ormai svanita. Il condominio di via Fezzan ora risplendeva della luce della Verità. La via sembrava diventata un viale, le macchine alberi, il sole illuminava anche i piani bassi, qualcuno giurò si sentisse anche il rumore del mare.
“Ma che è la fila per le Poste?” Chiese una vecchietta con la bolletta in mano, che non aveva domiciliato perché altrimenti non avrebbe saputo come impiegare il lunedì mattina. Aveva, infatti, visto una lunghissima fila lungo via Fezzan.
“No, è la fila per il signor Paolo!” Le rispose una vecchietta in fila che se solo avesse saputo di essere definita “vecchietta” sarebbe uscita dal racconto per augurarmi atroci tormenti.
Ormai lungo via Fezzan c’era una fila regolare e metodica che scorreva lungo il muro perimetrale del palazzo, davanti ai negozi della via improvvisamente mutati da scarne bottegucce a frequentati atelier, poi dentro il portone, lungo le scale, nell’appartamento del signor Paolo e, infine, davanti alla Poltrona Reale, o meglio Oracolare come soprannominata.
Il rito era ormai rigidamente normato: si poteva ascoltare il signor Paolo per 10 minuti a testa, per poi uscire dall’altro lato del salotto, lasciare una offerta in un piccolo vasetto con lo stemma della Roma Calcio e andare via, in preda all’estasi per aver avuto la risposta ai propri dubbi.
Il signor Paolo non sbagliava mai, il suo dire era oro colato, era un vero oracolo. Per questo era ormai per tutti l’ “Oracolato”, in una sorta di fusione linguistica.
Accadde proprio così che un malato di Alzheimer diventasse un Oracolato.
Ogni sua parola e ogni suo gesto, come quello di muovere alternati i piedi con i soli calzini, veniva interpretato e discusso in sedute pubbliche e private. Qualcuno teorizzò che avesse ali spirituali che trascendessero il corpo umano, che fosse cioè un angelo che colmava il suo salotto di tenerezza. Solo qualcuno osservò qualche incongruenza nell’eloquio del signor Paolo, ma venne subito zittito perché “anche i più saggi hanno qualche rotellina che stride.”
L’Oracolato continuò per molti anni nelle sue profezie, con sempre maggiore oscurità, ma “ormai abbiamo la stele di Rosetta delle sue precedenti parole per comprendere queste nuove.” Replicò la signora Carla a chi obiettava sulle sempre maggiori difficoltà di interpretazione e “comunque possiamo osservare il movimento dei piedi con i calzini come gli antichi il volo degli uccelli.”
Questa storia insegna che bisogna cancellare tutte le parole inutili perché la gente capisca davvero dal tono delle parole, dallo sguardo, dal sorriso, persino dal movimento dei piedi con i soli calzini. E, vi assicuro è una storia vera, perché il più delle volte la finzione è più vera della realtà.
Giovanni Lupi
16.12.23