Le differenze
Come ogni inizio
divamparono le fiamme,
come ogni fine,
fumarono le braci.
Il -già visto-
scoppiettò in fumo
e la nostra storia iniziò dalla fine.
Accadde tante volte,
uno se ne andò,
l’altro lo richiamò.
Mai si capì chi fosse Figliol Prodigo.
Ogni volta, dopo la pace,
credemmo che troppa fosse la fatica.
Ma appena sentivamo l’odore dell’altro
ci arrendevamo.
Quell’odore era la bandiera bianca
ai nostri rancori.
Salimmo l’uno sulle spalle dell’altro,
sino ad affondare le reciproche paure.
Ogni tanto uno si sottraeva
e l’altro affondava
per riemergere in sé stesso.
Ci siamo lasciati
quanto siamo stati insieme.
Il nostro allontanarsi è stato tormento,
il nostro ritrovarsi pianto.
Ci perdevamo così,
come le stagioni.
Qualcuno rubava il sole,
l’estate diveniva inverno,
il mare ghiaccio.
Poi di nuovo il sole
e gli anni lievitavano,
incerti tra anniversario e vaffanculo.
Quando i figli ci lasciarono,
il lavoro finì come uno sputo,
provammo vergogna della vecchiaia
e ci colse la tempesta.
Ma ci salvammo, insieme,
da quell’-ammazzar del tempo-,
orrendo come la sua espressione.
Allora capimmo
come era fondo quello che sembrava superficie,
come i nostri litigi
erano lotta a conservare reciproche differenze.
Questo ci salvò:
avevamo custodito le nostre differenze
sino a farne gioielli.
Alchimisti della nostra felicità,
avevamo trasformato la polvere in oro,
senza accorgercene,
come avviene per quello che è davvero naturale.
(Giovanni Lupi, febbraio 2018)