L’amore è quella cosa che solo alla fine capisci se c’è stata
Il nostro amore marcì come una prugna,
lasciando polvere blu nei nostri cuori
e rimpicciolendo quando così gonfio sembrava.
Eravamo gioventù senza rughe,
speranze senza smagliature,
e il mondo sembrava una pista da bowling.
Sugli zainetti calciatori e cantanti,
la musica ci regalava le parole
e i baci e il sesso erano cosa nuova.
Mi aggrappai al tuo seno come una salvezza,
-sei tu il mio luogo portatile- dissi,
grazie al corpo della donna, amen.
Ci piaceva tutto,
le schermaglie, i giochini, i ricattini,
il controllo misura dell’amore,
ti amavo come si ama una bambola.
Ci conoscemmo così bene,
che tu sognavi e io vedevo i tuoi sogni,
e nel caldo dell’estate
le pale del ventilatore erano rami di alberi.
Facemmo figli come una scommessa,
al loro crescere perfezionavamo
i nostri difetti sino a farne capolavori.
-Abbiamo venti anni ce ne andiamo- dissero.
Li spinsi lontano come un pallone tra le onde,
e quel gesto d’amore ti ferì da capo a piedi.
-Quando rimarremo soli saremo come siamo- minacciasti,
e così molteplici furono le forme della sofferenza,
diverse ma ugualmente terribili,
la decadenza, la stanchezza,
il rimaner soli nello sguardo che ci descriveva entrambi.
Rendere difficile una storia d’amore la rafforza,
e noi forgiammo la nostra col fuoco,
prima dicevamo l’indicibile,
poi ci abbracciavamo come a romperci in due,
prima ciascuno dominava,
poi facevamo l'amore come bestie.
All’improvviso in una notte umida e buia
come la bocca di un lupo,
uno di noi due morì,
non ricordo chi,
e tutto l’amore che si era nascosto
nelle pieghe dei tessuti
nella polvere degli oggetti
nella collana allentata dei nostri giorni
balzò fuori
e solo allora capimmo
che l’amore è quella cosa
che solo alla fine capisci se c’è stata.
(Giovanni Lupi – 7 febbraio 2017, ore 2.30)