Anzio e la rivolta del –Molaccio-
“Il Porto di Nerone aveva due bracci, come un uomo in piedi che cinge il mare per proteggere le barche che entrano, uno di Levante, di cui rimangono due scogli, uno di fronte all’altro....”
Un volontario di una meritoria associazione guidava una visita culturale sui Porti di Anzio, il Neroniano e l’Innocenziano. Quell’uomo era un eroe moderno, organizzare una visita culturale ad Anzio, luogo noto per gli strafogamenti di pesce, pizza e gelato come non ci fosse un domani.
“...Invece, lì in fondo, sulla nostra destra vedete dei massi, bene, quello è il braccio di Ponente del Porto neroniano. I tre grandi scogli, il Primo, il Secondo, il Terzo e poi gli altri. Ci siamo cresciuti tutti noi di Anzio lì, a fare il bagno, a giocare… Avevamo la tua età…” E si rivolse a un bambino tenuto per mano da una ragazza bionda col piercing al naso.
“Cosa vuoi fare da grande?” Gli chiese sperando dicesse l’archeologo.
“Non voglio diventare grande.” Disse invece quello, con la più saggia delle risposte.
Quando la guida stava per riprendere il suo excursus, la ragazza del piercing si permise una domanda “scusi, ma quei pulmann?”
“Quali pulmann?”
“Quelli.” La ragazza indicò dei giganteschi mezzi meccanici che si dirigevano verso il braccio di Ponente.
La guida ammutolì. Tutti ammutolirono non sapendo che altro fare. La guida cominciò a correre, poi lo scarso allenamento gli impose una andatura più moderata. Tutto il pubblico della visita guidata lo seguì, ognuno seguendo il suo passo e la sua indole.
“Scusi, ma cosa state facendo?” Chiese la guida a uno degli autisti dei mezzi meccanici.
“Cemento.” Rispose quello.
“Come cemento? Qui ci sono i resti del Porto di Nerone… Ma mettete il cemento per proteggerlo?”
“No, ce lo mettiamo sopra.”
“Senta, non è possibile, ci deve essere un errore…”
L’autista si mise le cuffie anti-rumore. Non le indossava mai quando lavorava, anche quando il frastuono era insostenibile, ma solo quando gli toccava ascoltare un rompicoglioni.
Nel frattempo era arrivato anche il pubblico della visita guidata.
“E’ come il piercing, non fa male quando fa lo fai, ma dopo. Ma poi passa tutto e ti sembrerà di non aver mai provato quel dolore.” Disse la ragazza bionda con una frase che la guida non capì immediatamente.
Ma, effettivamente, quello che all’inizio era stato solo stupore si trasformò in dolore forte. Il dolore di non potere fare altro che assistere a quello scempio. Sui suoi ricordi di infanzia, sugli scogli in cui aveva scambiato i primi baci, una colata di cemento, giorno dopo giorno, si adagiava. Si sentì defraudato di tutto, anche del dramma, infatti non riusciva a condividere il suo strazio con nessuno. I suoi concittadini parevano anestetizzati a tutto, a ben altro avevano assistito in quegli anni.
“Deve esse il conguaglio.” Gli disse uno.
“Il conguaglio di che…” Chiese la guida.
“Conti, conti loro…”
“E’ un con guaio…, solo un guaio…” E anche la guida si abituò, come aveva predetto la ragazza “ma poi passa tutto e ti sembrerà di non aver mai provato quel dolore.” Come i suoi concittadini si erano abituati agli scempi urbanistici, all’immondizia, al frastuono di automobili e musica senza senso, lui si era abituato ormai a quel “Molaccio”, soprannome diffuso di quel pezzo di molo. Ah, perché, ad un certo punto, per una interdittiva antimafia nei confronti della società cui erano stati affidati i lavori dalla Regione per la –protezione- del Porto Neroniano, i lavori erano stati interrotti.
La guida passava ogni giorno davanti a quel Mostro di cemento e, appena si avvicinava, sentiva le voci che parlavano di eliminare il Molo, di fare delle Grotte di Nerone un Patrimonio, di utilizzare il Molo per osservare le Grotte, per … e tanto altro. Voci, solo voci che scemavano appena si allontanava.
La guida non era una persona fortunata, aveva avuto due mogli, la prima l’aveva lasciato, la seconda era rimasta. Ma dieci anni dopo la costruzione del Molaccio, avvenuta nel 2014, assistette ad un episodio che fu davvero fortunato.
“Buongiorno signora guida.” Lo chiamò un ragazzo muscoloso e dal sorriso aperto.
“Ci conosciamo?”
“Dieci anni fa… Assistetti a una sua visita guidata. E, ad un certo punto, arrivarono dei pulmann.”
“Ah, tu sei il ragazzino che non voleva diventare grande. Mi pare che non sei riuscito nel tuo obiettivo.” Sorrise le guida guardando la massa muscolare del ragazzo. Quello sorrise mostrando denti bianchissimi e mostrò un secchiello da bambino, tutto rovinato dall’usura di anni. Poi andò verso il Molaccio e con uno scalpellino e un martello colpì il cemento in una fessura che, probabilmente, aveva lui stesso creato.
“Che fai?” Chiese la guida.
“Non sono diventato grande. Ogni giorno passo qui e porto via un pezzetto di molo.”
“Ma ci metterai secoli…”
“Che importa, io non diventerò mai grande.” Rispose quello e se ne andò. Consegnò il secchiello alla madre col piercing e, entrambi, si allontanarono.
La guida pensò molto a quell’incontro, alla sua infanzia, alle voci che provenivano dal Molaccio, a tanto altro. Pensò tanto da immobilizzarsi finché si scosse, all’improvviso.
“Vorrei un secchiello, uno scalpello e un martello.” Chiese al Ferramenta sulla Riviera Zanardelli che ha tutto e se non ce l’ha se lo inventa.
Colpì anche lui il Molaccio, asportando un pezzetto che gli parve infinitesimale rispetto all’arco di 400 metri per 5 su cui il Mostro si spalmava. Ma non fece calcoli, non gli importava quanto ci avrebbero messo, ora che erano due.
Qualcuno lo vide con lo scalpello, qualcun altro ne scrisse, si formò un gruppo facebook, whatsup e tutto quello sciamare spesso inutile che, in quel caso, ebbe un senso.
Il nuovo Sindaco era una persona onesta e volitiva. Proveniva dalla cd. “società civile”, non era un politico di professione cioè. I portodanzesi onesti e anche qualche disonesto pentito avevano appoggiato una lista civica che a quello faceva capo.
E il Sindaco si divertiva a sperimentare soluzioni nuove. Il parcheggio “La Piccola” era diventato custodito, tutto il centro era pedonabile a seconda delle necessità, aveva riaperto il Vallo Volsco e la Villa Imperiale con un bando inclusivo nei confronti delle associazioni di volontariato che non fosse solo uno scarico di responsabilità, aveva organizzato delle manifestazioni di teatro per strada, delle letture, abolito la musica caciarona e sanzionato i locali-discoteche senza permesso. Anzio era nuovamente frequentata da persone perbene e non più da delinquenti e coatti senza regole.
Così, quando venne a sapere quanto stava avvenendo al Molaccio, si presentò anche lui con uno scalpello, un martello e un secchiello per fornire il proprio contributo.
Bastò una foto su un giornale locale e la notizia si diffuse. Fu un fuoco di artificio di notizie e centinaia di persona vennero con scalpello, martello e secchiello per demolire il Mostro. Alla Stazione ferroviaria veniva prestato l’armamentario necessario, vicino al Molaccio ormai c’era una folla entusiasta tipo abbattimento del Muro di Berlino. Qualcuno vendeva anche “originali pezzetti di Molaccio.”
Un giorno, mentre la guida al colmo della felicità assisteva alla demolizione collettiva vide, in lontananza, il ragazzo che non voleva crescere.
La guida alzò lo scalpello verso di lui in segno di ringraziamento, lo stesso fece il Sindaco e tutti gli altri. Il ragazzo saluto in un sorriso che intercettò un raggio di sole che illuminò il mare per centinaia di metri: il Molaccio non c’era più.
Apparvero i resti del Porto Neroniano, ogni portodanzese rivisse i ricordi di infanzia e i primi baci. E, dopo tanti anni in cui non era stato possibile, furono di nuovo fieri di essere nati e cresciuti ad Anzio.
Giovanni Lupi 16.7.24