Un gioco che cammina
Mi costrinsi poeta
per vanto di famiglia
-guai se diventi avvocato!-
ma la poesia soffiò senza aria
caddi a terra
e mi abbandonò.
Divenni un gioco che cammina
facevo bolle di sapone
perfette che non ti aspetti
in una Villa nobile
dalle aiuole ignobili,
ma la gioia non ha padri, né madri
le bolle caddero a terra
e mi abbandonò.
Mi imposi tutti gli atteggiamenti possibili
salvo l’unico a cui aspiravo
l’equilibrata indifferenza
di chi in bilico sulla vita
tutto attraversa con semplicità.
Vendendo le illusioni altrui
vendetti anche la mia
per un piatto di conformismo
sciapo oltremisura.
E negli eterni giorni
di affollata solitudine,
nel rimpianto quotidiano
di diversa vita,
nello scorrere del tempo
che tutto rimargina,
al tavolo di riunione
tra numeri e norme
tra colleghi indecisi
tra ansia e nevrosi
mi ritrovai felice.
Sono diventato avvocato di banca
perché non sapevo scrivere poesie.
(Giovanni Lupi - maggio 2017)